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Grafica e comunicazione

Da Milano ci è giunta notizia che alla 20° edizione di Mediastars, il Premio Tecnico della Pubblicità Italiana, il video Cipollini NK1K, realizzato insieme a ControCampo, si è aggiudicato ben 6 premi, tra cui il 1° Premio nella sezione “Film Istituzionali” e il 2° Premio assoluto. Per il dettaglio vi rimandiamo al nostro sito.

 

L’arte magica di trasformare le cose

Di recente, sollecitato da Max Alajmo, ho ripensato all’epoca d’oro che chiamiamo infanzia. Premetto che non ho mai considerato l’infanzia un periodo aureo, tutt’altro - pur essendo cresciuto circondato dall’affetto familiare e in un contesto positivo e stimolante. Infatti credo che anche la migliore infanzia sia stata (e sarà sempre) tenacemente segnata da controlli più o meno apprensivi, pressioni, obblighi inoppugnabili imposti a forza dagli adulti (a controllo e a tutela dell’infante, con tutte le migliori intenzioni, quindi). Si tratta di limitazioni che, pur necessarie, rappresentano condizioni di minorità manifesta. 

Ma c’è dell’altro che mi rende perplesso in merito all’infanzia, rafforzando l’idea che coincida con un periodo tutt’altro che aureo. Per meglio esprimere questa perplessità sono andato alla ricerca di un testo che a suo tempo mi aveva molto colpito, in cui Pietro Calamandrei metteva in luce una caratteristica contraddittoria legata a quel periodo di vita - contraddizione che sin dal tempo dell’infanzia di mia figlia avevo chiaramente intuito. Nel libro “Colloqui con Franco”, in cui racconta l’avventura del veder crescere il figlio dai tre ai cinque anni, ciò che osserva con più interesse non è tanto quel che il figlio apprende crescendo, quanto ciò che perde, ossia la libertà di pensiero e di sentimento che inesorabilmente smarrisce, giorno dopo giorno. Emblematica la frase con cui conclude il testo: “Franco, tu parli ormai come parliamo noi grandi, come parlano le signore nei salotti, come parlano i deputati in parlamento... che malinconia!”. 

Mi ha molto colpito anche un commento di Franco Lorenzoni a questo testo, in cui mette in rilievo la capacità di far precipitare chi lo legge in una sorta di vertigine per cui, cercando di avvicinarci al mondo misterioso del bimbo, viene anche a noi il desiderio di possedere l’arte magica di trasformare le cose. Si sofferma su un esempio meraviglioso. Il piccolo Franco, di fronte a un legnetto divenuto per magia un bicchiere, s’accorge a un tratto che si è svuotato, perciò, senza indugio, trasforma quello stesso legnetto in bottiglia, capace di riempire il bicchiere e di offrire da bere alla mamma, come segno di affetto. 

In quest’arte magica di trasformare le cose troviamo una traccia remota dell’origine dell’inventare storie, alla base quindi della poesia, che è l’arte che rende sopportabile la vita, questo nostro mondo. In fondo anche la religione si nutre di questa forza trasformativa (basti pensare al Corpus Domini). L’arte magica di trasformare le cose, che è la creatività, che ha alla base il coraggio di mettersi in gioco, di non legarsi alle convenzioni, di non considerare i preconcetti, di non pesare l’opinione corrente e, infine, di divertirsi addolcendo le asprezze del vivere. (E non credo sia un caso che questa meditazione sia sorta grazie a Max Alajmo, che ritengo uno dei pochi creativi in grado di “trasformare le cose” con sincerità e con grazia, in forza proprio di una cospicua parte infantile rimasta, miracolosamente, intatta). 

Quando penso all’infanzia non posso non pensare a un’occasione persa, e non posso non pensare che una scuola veramente umana ancora non esista. Ecco perché credo al luogo comune (forse l’unico in cui credo) che vede l’uomo capace di sfruttare solo una piccola porzione della sua potenzialità, in gran parte persa proprio grazie all’istruzione, ai percorsi e ai processi di una vita resa sempre più aspra, complicata, competitiva, insensibile. 

23/06/2016 Filippo Maglione