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Grafica e comunicazione

Il periodo più intenso di lavoro è coinciso con quello generalmente dedicato alle ferie: luglio e agosto sono per noi, da sempre, mesi caldi a tutti gli effetti, condizionati dai maggiori eventi fieristici dell’anno, concentrati tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Tra gli ultimi lavori vale la pena segnalare il design di prodotto NK1K; il video Take Flight, dedicato alla promozione internazionale di NK1K; l’immagine Cipollini 2016; l'abbigliamento Cipollini 2016; il design di prodotto DMT; l’immagine DMT 2016; il nome, il concetto, l’immagine e il sito-teaser del nuovo marchio Fluxos.



Ex Machina

“L’uomo è per la tecnologia quello che le api sono per i fiori: l’organo sessuale, un apparato riproduttivo extracorporeo funzionale all’evoluzione delle macchine. Queste lo contraccambiano ottemperando alle sue volontà e ai suoi desideri. Almeno fino a quando la tecnologia basterà a sé stessa. Allora l’inutile propaggine umana potrà essere sostituita una volta per tutte”.

Rivedo il nostro video Take Flight, realizzato per promuovere NK1K, il nuovo strumento da competizione di Cipollini, e ripenso a questa frase di Marshall McLuhan tratta da “L’amore degli aggeggi. Narciso come narcosi”. Ci va giù duro McLuhan, col suo ardore visionario, prefigurando un futuro in cui saranno le macchine a dominare l’uomo, e non il contrario. Ammesso e non concesso che non si stia già vivendo questo futuro da “dominati”, è fuor di dubbio che oramai la stragrande maggioranza degli umani sia condizionata dalla suadente lusinga esercitata dalla tecnica, con le sue incessanti novità tecnologiche. Tecnologia che nel suo eccesso è capace di “ipnotizzarci in uno stato di narcisistico torpore” (sempre McLuhan), che pare proprio la condizione psicologica ideale per il trionfo della tecnica sull’uomo.

Nel nostro video è l’uomo (in verità non un uomo qualsiasi ma un super-uomo: Mario Cipollini) che controlla e comanda la tecnologia a suo piacimento, servendosene per dare concretezza alle sue idee, ai suoi prometeici desideri di sfida, di libertà. È una metafora insieme semplice e potente, che racconta uno stile di vita, prima che un brand (ci piace immaginare quel marchio di biciclette come una diretta emanazione dell’animo del campione eponimo: dotato, volitivo, perfezionista). Sin qui la tecnologia resta un’alleata preziosa, con lo scopo preciso di superare i limiti, di migliorare, di progredire.

Il video presenta però qualcosa che all’inizio non mi aveva convinto del tutto, al punto da dubitare della sua reale efficacia, ma che una volta realizzata mi è sembrata sin troppo centrata, sino a inquietarmi, risollevando il ricordo della critica di McLuhan. Parlo delle tre braccia robotiche generanti il telaio. Sembra quasi che possano, da un momento all’altro, partire per la tangente, ribellarsi ai comandi, rendersi artefici autonomi, vivere di vita propria, diventando elementi distruttivi, e non più costruttivi, come spesso è capitato di vedere in film di fantascienza. Ho ripensato a un’altra affermazione potente, stavolta di Emanuele Severino: “Oggi, la tecnica, ultimo dio, ricrea il mondo e ha la possibilità di annientarlo”.

“Da un lato, esseri prometeici, noi siamo fieri della nostra capacità di manipolare il mondo e di dominarlo. Dall’altro abbiamo paura di quel che ne può venire, del disordine e dell’eccesso che introduciamo nella natura. Potremmo chiamarla la sindrome del dottor Frankenstein”. È Roberto Escobar che ci ammonisce, commentando il film “Ex Machina”, che tratta proprio della creazione di una macchina autocosciente, con desideri propri e con una propria personalità. Partendo da questi presupposti, provando a immaginare un futuro, ai figli dei nostri figli, resto sgomento. Mi chiedo come l’uomo potrà gestire questa potenza della tecnica, questa enorme possibilità di modellare il mondo a misura dei propri algoritmi, senza che tutto questo scappi di mano e diventi, potenzialmente, distruttivo. È lo stesso Escobar che risponde, con semplicità, affermando che la differenza la farà lo scopo, se cioè si sfrutterà la tecnica per il dominio o, al contrario, in nome della libertà.

Nel nostro video SuperMario domina la tecnologia per il suo scopo, che è quello di andare più forte, o meglio: poter mettere a frutto nel modo migliore tutta la sua energia, i suoi watt-potenza, senza dispersioni, senza il minimo spreco, nella miglior condizione possibile. Dal video emerge questo suo singolare e ossessivo perfezionismo, questo ardore nel voler sfruttare qualsiasi possibilità di sviluppo. Quando lo seguivo come tifoso immaginavo chiaramente queste caratteristiche, anzi questo “carattere”, ma è stato solo conoscendolo di persona e frequentandolo che ho capito quanto il caparbio perfezionismo e il senso di sfida facciano parte della sua natura, profondamente, al di là di qualsiasi ulteriore interesse. Quanto la tensione verso la qualità assoluta, quindi, sia vera e pressante, pienamente vissuta ogni giorno. Quanto sia prometeica. (E qui occorre rimarcare che nella storia della cultura occidentale, Prometeo è simbolo di sfida alle autorità e alle imposizioni, e anche metafora del pensiero libero e autonomo, archetipo di un sapere svincolato dal mito e dall’ideologia).

In questo senso l’enfasi del video credo possa rientrare nell’ambito della simbologia che “resta fedele all’intento verace del protagonista”. Non si tratta, quindi, di un effetto gratuito, di una falsificazione.

Nel nostro piccolo ritengo che dobbiamo essere consci che le immagini che creiamo non sono solo belle (o brutte) rappresentazioni che hanno l’unico scopo di far vendere un prodotto o un servizio. Esse diventano “immagini portatrici di giudizi”. Il modo in cui sono costruite, organizzate, contestualizzate e diffuse affermano un progetto di mondo, di umanità, di relazioni interpersonali. Ogni immagine organizzata consapevolmente e diffusa capillarmente esprime quindi un’etica. L’effetto, il simbolo, quindi, potrà anche essere caricato, enfatizzato, reso affascinante, ma dovrà sempre corrispondere a un’idea di realtà coerente e credibile. Mi sentirei a disagio nel creare messaggi intimamente falsi e inutilmente sopra le righe, proprio per il pessimo messaggio che trasmetterebbero. Mi sembrerebbe di portare il mio microscopico contributo allo sfacelo del mondo. E non mi consolerebbe sapere di quanto in effetti sarebbe “microscopico” il mio contributo. Per non parlare dell’alibi assurdo del “così fan tutti”.

Questo esame di coscienza “deontologico” me lo sono fatto, più o meno in questi termini, durante le fasi di realizzazione del video, e qui lo espongo, rendendolo pubblico. Forse farà un po’ ridere parlare dei propri scrupoli riguardo a un’etica in ambito pubblicitario, forse sembrerà ridicolo dare tanta importanza a uno spot commerciale, ma è precisamente questo che penso del mio mestiere, che faccia ridere o meno, che appaia ridicolo o meno agli occhi del mondo.

08/09/2015 Filippo Maglione